Trapianto di cellule staminali nella
SLA
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 07 novembre
2020.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Della sclerosi laterale
amiotrofica (SLA) ci siamo occupati da poco, recensendo uno studio che ha
dimostrato la possibilità di arrestare la progressione della malattia agendo su
macrofagi periferici e microglia[1]. Una possibilità interessante, ma il percorso per giungere alla
sperimentazione di potenziali nuovi farmaci richiederà anni di lavoro
scientifico.
Intanto, da quando fu descritta da Jean-Martin Charcot nel 1869 e ritenuta una malattia rara per oltre un
secolo, le cose sono profondamente cambiate e oggi la SLA è considerata la
forma più comune di malattia del
motoneurone dell’età adulta, che evolve fatalmente in pochi anni
dall’insorgenza dei sintomi e per la quale non si dispone ancora di alcuna terapia
in grado di arrestarne la progressione. Per questo, gli studi sull’impiego delle
cellule staminali, come potenziali sostituti dei neuroni motori andati perduti,
sono seguiti con grande interesse dai neurologi.
Dopo alcune recenti acquisizioni ottenute con i loro studi, Qiang Zhu e Paul Lu hanno definito lo stato dell’arte in
questo campo con un articolo, inserito come capitolo dedicato alla SLA nel
volume monografico Stem Cell-based Therapy for Neurodegenerative Diseases pubblicato quest’anno da Springer.
L’impiego
di cellule staminali non neurali (NNSC), cellule staminali neurali
(NSC) e cellule progenitrici neurali (NPC) costituisce un’interessante
possibilità per cercare di ottenere neuro-protezione e attuare una terapia
sostitutiva (replacement therapy),
basata sull’idea che i motoneuroni derivati dal trapianto e differenziati in
loco possano rimpiazzare le cellule nervose motorie responsabili
dell’innervazione muscolare, ristabilendo nella SLA il controllo motorio
volontario dei muscoli.
Proprio le
nuove acquisizioni di Qiang Zhu e Paul Lu, di cui
tratteremo qui di seguito, fanno nuovamente sperare in una possibilità
terapeutica, che era stata abbandonata nel recente passato per risultati
sperimentali deludenti.
(Qiang
Zhu & Paul Lu, Stem Cell
Transplantation for Amyotrophic Lateral Sclerosis. In Fabin Han & Pengzhe
(Paul) Lu (eds). Stem Cell-based Therapy for Neurodegenerative
Diseases, pp. 71-97, Springer, Singapore 2020; as an article in Advances
in Experimental Medicine and Biology vol. 1266 - Epub ahead of print doi:
10.1007/978-981-15-4370-8_6, 2020).
La provenienza
degli autori è la seguente: Department of Neuroscience and Ludwig Institute,
University of California San Diego, La Jolla, CA (USA); Veterans Administration
San Diego Healthcare System, San Diego (USA).
Allo stato attuale, se si
eccettuano i lievi effetti positivi del riluzolo,
non esistono trattamenti specifici per la SLA e per le altre malattie del motoneurone.
I trattamenti palliativi,
le misure di supporto, la terapia fisica e il monitoraggio della funzione respiratoria
possono migliorare la qualità della vita e, forse, lievemente rallentare la
progressione, ma non possono scongiurare l’esito fatale.
La nostra società
scientifica suggerisce, nell’approccio psicologico e umano alla persona affetta
da SLA, di non rivelare subito la gravità e l’ineluttabilità dell’esito
infausto, cercando di sostenere e incoraggiare il paziente per ottenere partecipazione
attiva alle cure e adattamento all’uso di supporti e sussidi terapeutici man
mano che saranno necessari. Oggi, con il facile accesso all’informazione medica
attraverso i siti internet, è frequente che il paziente di SLA venga a
conoscenza della rapida progressione del suo male verso la morte; in tal caso
sarà opportuno fargli presente che la singola persona può vivere più a lungo di
quanto riportato nelle statistiche standard di sopravvivenza. Lo stato d’animo
ben disposto e l’atteggiamento attivo, nella nostra esperienza, si accompagnano
a una durata vicina ai massimi registrati per la SLA, molto probabilmente per
influenza psiconeuroimmunologica.
Qui di seguito si riportano gli elementi essenziali dell’attuale approccio
terapeutico alla SLA, che consentono di comprendere meglio il valore potenziale
di un’eventuale terapia cellulare.
Il riluzolo
(C8H5F3N2OS) è un benzotiazolo ad azione glutammatergica, che Bensimon e colleghi per primi hanno valutato per la sua
capacità di rallentare la progressione della malattia, prolungando il tempo
della sopravvivenza in pazienti affetti da SLA ad inizio bulbare. Ma, una valutazione
accurata ha dimostrato che il farmaco, nella migliore delle ipotesi, riesce a
prolungare di soli tre mesi la vita del paziente[2]. Questa stima è stata confermata da numerosi studi di follow-up,
tanto per ciò che concerne l’efficacia, quanto per i benefici solo marginali
apportati nella prognosi quoad vitam.
Numerosi altri agenti sono
risultati efficaci in modelli genetici di SLA nella ricerca preclinica, e molti
di questi potenziali farmaci sono attualmente in sperimentazione clinica in trial
con pazienti volontari. In cima alla lunga lista di candidati presidi
terapeutici con provata efficacia sui modelli sperimentali, nei quali erano in
grado di arrestare la progressione del processo patologico, vi sono la
guanidina idrocloruro (o cloruro di guanidinio), gangliosidi, interferoni, TRH, alte dosi
intravenose del chemioterapico antineoplastico ciclofosfamide
e iniezioni di veleno di cobra. Ma, in questi ultimi anni, le verifiche
cliniche hanno deluso le aspettative per quasi tutti gli agenti candidati.
È giustificato l’uso di
antispastici, come il baclofen o la tizanidina. Si impiega anche la via subaracnoidea per la
migliore regolazione del dosaggio e la somministrazione specificamente spinale:
si impiega una pompa ad impianto lombare che eroga costantemente baclofen. In ogni caso, il massimo che si riesce a ottenere
è la sensazione soggettiva di un certo sollievo per l’allentarsi della rigidità
estrema. Risultano a volta efficaci anche le benzodiazepine con effetto
miorilassante e il dantrolene. Questo approccio è in
ogni caso praticabile nelle forme di SLA primaria con decorso protratto e
progressione più lenta.
A tutti gli stadi della
SLA la terapia fisica ha un ruolo prezioso, in particolare Ropper
Samuels e Klein la definiscono inestimabile per
evitare contratture ai muscoli delle spalle e delle dita[3]. Il monitoraggio della funzione respiratoria, il controllo della
nutrizione e l’intervento circostanziato per eventuali complicanze esauriscono
le misure generali.
Si comprende quanto la
possibilità di disporre di una terapia cellulare che introduca elementi in
grado di differenziarsi in loco e sostituire i motoneuroni distrutti possa
rappresentare un effettivo salto di qualità nel trattamento, che può far
sperare nel reale, anche se temporaneo, arresto della progressione della
malattia.
Le ricerche condotte da Qiang Zhu e Paul Lu hanno accertato e dimostrato che le NSC e NPC trapiantate,
non solo sono in grado di sopravvivere bene nel midollo spinale danneggiato, ma
possono agire come relay funzionale che
riceve le connessioni degli assoni rigenerati dell’ospite ed estende i propri
assoni all’ospite per la connettività, inclusa quella dei neuriti motori delle
radici anteriori del midollo spinale.
Tale reciproca
connessione, tra neuroni del ricevente e cellule nervose trapiantate, fornisce
un forte razionale per la terapia di trapianto neuronico al fine di
ristabilire il controllo motorio volontario dei muscoli nei pazienti affetti da
SLA.
I due ricercatori
illustrano e discutono anche una varietà di nuove risorse per cellule staminali
e di nuove metodologie per generare NSC o cellule progenitrici specifiche di
motoneuroni, con elementi tecnici di sicuro interesse per coloro che lavorano
in questo campo.
L’esposizione complessiva,
per i cui dettagli si rinvia alla lettura del testo integrale, fornisce delle più
solide basi per sperimentare la terapia sostitutiva o “trapianto cellulare” con
NSC e NPC nella SLA.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-07 novembre 2020
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